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Il racconto "Quel che resta (dell’amore di una vita)" è da poco apparso sul web, in data 26 Marzo 2021. Produzione recentissima.
Ma io l'avevo già letto, ne sono certo, forse a inizio pandemia... Mi aveva colpito, lo ricordavo, ho chiesto all'ectoplasma Drago se me ne poteva inviare una copia. Ancora in vita, Drago era solito postare racconti interi sul suo Facebook, così, come se fosse normale. Credo che questo fosse uno di quelli... È un ingranaggio complesso e perfetto sotto ogni punto di vista eppure è capace che l'abbia scritto al volo. "Non rileggo quasi mai", diceva. Ah Drago mio, t'avessimo letto da vivo. Ti avremmo almeno offerto una birra.
Parlando di letteratura, come se fosse una cosa astratta rispetto alla vita (il che non è, per come la vedo io, l'avrete capito), trovo davvero notevole quanto segue. Marco Drago non era certo un italianista, e della letteratura classica italiana glie ne fregava meno di zero.
Eppure dopo aver letto questo racconto, se dovessi fare un esempio concreto di come siano state possibili e reali e sanguigne (vere) certe passioni per delle Beatrici, per delle Laura, per delle Silvie, quale esempio migliore di questo, perfettamente contemporaneizzato, senza la minima intenzione programmatica a monte. Pura vita. E si sente.
Eppure. Il parallelismo con la VITA NUOVA di Dante in particolare, primo prototipo di romanzo erotico autobiografico di tutta la letteratura occidentale (...peccato non venga fatto notare); dicevo il parallelismo, dal mio punto di vista, è sbalorditivo. Lasciamo stare la numerologia, frutto del caso, l'incontro risalente agli agli anni Ottanta (del Duecento e del Novecento) e i diciotto anni dopo (che in una testa medievale sono un 9+9, doppia perfezione al cubo, rassicurazione cosmologica del fatto che Dio lo vuole; per noi mere combinazioni senza senso). Guardiamo solo alla sostanza. La descrizione del primo incontro, dello scambio di sguardi, della folgorazione che non lascia più scampo per il resto della vita... Stilnovismo?
Tutto accosterei a Drago tranne il termine stilnovismo.
Eppure potrei continuare: ...il motore iniziale del racconto sono rime, i richiami ad una tradizione precedente (Dylan come i provenzali o i siciliani); l'apparizione in sogno; lei è la consorte di un altro, probabilmente anche Drago (Dante) aveva altri legami in corso. Lei procura beatitudine e pienezza, perfezione, esistenziale, emana senso. Tutta la passione vissuta in assenza. Lei non ha nome, solo un senhal: Castana. La stilizzazione dei luoghi urbani dell'incontro. C'è persino la scena di un funerale, qui quello del padre di lui, in Dante quello del padre di lei...
Se poi vogliamo includere anche la Commedia (dove l'autore rincontra l'amore di una vita al sommo grado di un percorso di salvezza), allora c'è pure la constatazione esistenziale dell'inesorabile verità del tempo racchiusa nel più famoso incipit della storia della letteratura: "nel mezzo del cammin di nostra vita": ...i trentacinque anni circa di un Dante, equivalgono perfettamente alla cinquantina di un Drago.
Siamo quindi di fronte a freddi topoi letterari, cioè luoghi comuni della letteratura, riprodotti schematicamente in epoche diverse? Sì, se sei un computer. Senza alcun dubbio.
Ma no, cristosanto, se ha della carne addosso, sono la vita vissuta da un individuo che fu vivo (ahimè) e che nella fattispecie rispondeva al nome di Marco Drago. Oppure Drago ha inventato tutto? Se l'ha inventato, lo ha fatto davvero bene: io ci ho creduto al cento per cento, mi ha sconquassato le vene. Eppure non sono adolescente. Ho passato i cinquanta anch'io.
Cosa c'è di reale?
Mi chiederei piuttosto cosa c'è di più reale.
Con questo spirito (quasi posseduto da quello di Drago) ho interpretato e sonorizzato il racconto.
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